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La trappola della doppia PEC dopo una multa per eccesso di velocità. Quando l’amministrazione confonde… e incassa

Studio Legale Lanzo > Blog > Codice della Strada > La trappola della doppia PEC dopo una multa per eccesso di velocità. Quando l’amministrazione confonde… e incassa
  • Posted on: 11 Mag, 2025
  • By admin
  • Codice della Strada
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Verbali, PEC e buonsenso smarrito: il caso Potenza

Nel 2023, una mia assistita riceve tramite PEC da ufficioverbali@pec.comune.potenza.it un verbale di accertamento per eccesso di velocità, rilevato da un autovelox nel Comune di Potenza. La sanzione ammonta a € 173,00, cui si aggiungono € 14,80 di spese amministrative. Nella comunicazione viene inserita anche la classica richiesta di comunicazione dei dati del conducente ex art. 126 bis Codice della Strada.

La mia cliente risponde tempestivamente e in buona fede allo stesso indirizzo PEC mittente. Nessun messaggio di errore, nessuna notifica di mancata consegna. Semplice, lineare, logico. Ma non per la Polizia Locale.

La seconda stangata: una sanzione che ignora la trasparenza

Nel 2024, sempre dallo stesso indirizzo PEC, la Polizia Locale le notifica un secondo verbale, questa volta per omessa comunicazione dei dati del conducente. La nuova sanzione: € 291,00 più € 14,80 per le spese. Totale: € 305,80. Un aggravio economico e giuridico del tutto ingiustificato.

La motivazione? Al telefono, un funzionario spiega che nella prima PEC era contenuta – in calce – una dicitura che invitava a rispondere a un diverso indirizzo PEC, polizialocale@pec.comune.potenza.it. Una postilla non evidenziata, non obbligatoria, e comunque ambiguamente collocata. Una sorta di tranello in formato digitale.

Due verbali, due ricorsi: uno vinto per silenzio-assenso, l’altro per inadempienza dell’ente

La mia assistita ha presentato ricorso al Prefetto di Potenza per entrambi i verbali. Risultato?

  • Primo verbale (eccesso di velocità): silenzio-assenso; il Prefetto non ha mai risposto.
  • Secondo verbale (omessa comunicazione): ricorso accolto con archiviazione del verbale in data 25.11.2024, poiché “l’organo accertatore non ha trasmesso i chiarimenti richiesti”.

Due risultati che, da soli, testimoniano l’inadeguatezza dell’operato dell’ente.

Una prassi amministrativa illogica e illegittima

La condotta della Polizia Locale di Potenza è, a mio avviso, gravemente illegittima. Ecco perché:

  1. Ambiguità dell’indirizzo PEC mittente: se ufficioverbali@pec.comune.potenza.it è istituzionale e abilitato alla ricezione, allora la comunicazione della mia assistita è valida. In caso contrario, è il verbale notificato tramite quell’indirizzo a doversi considerare nullo.
  2. Violazione dei principi di trasparenza e buona fede: la Legge 241/1990, art. 1, impone alla Pubblica Amministrazione comportamenti improntati a chiarezza, efficacia e collaborazione. In questo caso, invece, si inganna il cittadino: si notifica da una PEC apparentemente istituzionale, ma si pretende la risposta su un’altra.
  3. Trasferimento d’ufficio obbligatorio: in base a consolidata giurisprudenza amministrativa, un’amministrazione ricevente che ritenga di non essere competente ha l’obbligo di trasmettere d’ufficio l’istanza all’organo competente, non di ignorarla.
  4. Violazione del GDPR: emerge infine un fatto ancora più grave. Pare che la gestione dell’indirizzo PEC da cui partono i verbali sia affidata a una società privata di Bologna, in qualità di responsabile del trattamento dei dati personali. Tuttavia, questa circostanza non viene comunicata nei verbali, in violazione del Regolamento UE 2016/679 (GDPR), che impone chiarezza e trasparenza sul trattamento dei dati.

Quando l’errore istituzionale diventa un costo per il cittadino

Il comportamento della Polizia Locale di Potenza non solo mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, ma pone anche una questione giuridica più ampia: può la Pubblica Amministrazione decidere arbitrariamente quale indirizzo PEC sia valido per ricevere comunicazioni senza una base normativa precisa e senza segnalarlo in modo chiaro e inequivocabile?

E, soprattutto, è legittimo sanzionare un cittadino che ha risposto correttamente alla PEC istituzionale mittente, solo perché “non è quella giusta”?

Serve una riforma del dialogo digitale tra cittadini e P.A.

Se il digitale deve rappresentare il futuro dell’amministrazione pubblica, allora casi come questo dimostrano che le regole di base della comunicazione istituzionale devono essere ridefinite. È impensabile che nel 2025 il cittadino debba interpretare diciture nascoste o indovinare l’indirizzo corretto, pena sanzioni pecuniarie gravi.

Come avvocato e cittadino, invito gli enti locali a semplificare, non complicare. Il rispetto delle regole passa dalla chiarezza dei canali, non dall’ambiguità burocratica.

Avv. Umberto Lanzo
Per contatti o chiarimenti: disponibile a eventuali approfondimenti sulla vicenda.

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